Last updated: Feb. 13, 1997
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FRANCESCA Da RIMINI

Libretto: Atto Terzo


Atto Primo, Atto Secondo, Atto Terzo, Atto Quarto.


Setting: Appare una camera adorna, vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli fiori frutti imprese. Ricorre sotto il palco, intorno alle pareti, un fregio a guisa di festone dove sono scritte alcune parole d'una canzonetta amorosa.
"Meglio m'è dormire guadendo
C'avere penzieri veghiando."

A destra, nell'angolo, è un letto nascosto da cortine ricchissime; a sinistra, un uscio coverto da una portiera grave; in fondo, una finestra che guarda il Mare Adriatico. Dalla parte dell'uscio è, sollevato da terra due braccia, un coretto per i musici con compartimenti ornati di gentili trafori. Presso la finestra è un leggio con suvvi aperto il libro della Historia di Lancillotto del Lago, composto di grandi membrane alluminate che costringe la legatura forte di due assicelle vestite di velluto vermiglio. Accanto v' è un lettuccio, una sorta di ciscranna senza spalliera e bracciuoli, con molti cuscini di sciamito, posto quasi a paro del davanzale, onde chi vi s'adagi scopre tutta la marina di Rimini. Su un deschetto è uno specchio d'argento, a mano, tra ori, canne, coppete, borse, cinture e altri arredi. Grandi candelieri di ferro s'alzano presso il corretto. Scannelli e predelle sono sparsi all'intorno; e dal mezzo del pavimento sporge il maiglio di una cateratta, per la quale di questa camera si può scendere in un'altra.

Si vede Francesca dinanzi al libro, in atto di leggere. Le donne sedute sulle predelle in fondo trapungono gli orli di un sopralletto, ascoltando l'istoria; e ciascuna porta appeso alla cinura un alberello di vetro pieno di perle minute e di stricche d'oro. Il sole del nascente marzo batte su lo zendado chermissino e ne trae un bagliore diffuso che accende i volti chinati all'opra dell'ago. La schiava è presso al davanzale ed esplora attentamente il cielo.

FRANCESCA [ leggendo ]
E Galeotto dice: "Dama, abbiatene
Pietà." "Ne avrò" dice ella "tal pietà,
Come vorrete; ma non richiede
Di niente . . ."

[ Le donne ridono. Francesca si getta su i cuscini di sciamito, torbida e molle. ]

GARSENDA
Madonna, Come mai era tanto vergognoso
Il cavaliere Lancillotto?

BIANCOFIORE
Mentre la povera reina si struggeva
Di dargli quello ch'ei non dimandava!

DONELLA
Dirgli doveva: "O cavalier valente,
Vostra malinconia non val niente."

FRANCESCA
Donella, taci! Stanca
Sono di trastullarmi con le vostre
Ciance. Smaragdi, lo sparviero torna?

LA SCHIAVA
Dama, non torna: s' è sviato.

[ Francesca si sporge dalla finestra e spia. ]

DONELLA
Si perderà, Madonna.
Male faceste a togliergli la lunga.

FRANCESCA
Corri, Donella,
Dallo strozziere e digli l'avvenuto,
Che lo cerchi per tutto.

[ Donella lascia l'ago e s'invola. ]

BIANCOFIORE [ come intonando una canzone a ballo. ]
"Nova in calen di marzo
O rondine, che vieni
Dai reami sereni d'oltremare . . ."

FRANCESCA
Oh, sì, sì, Biancofiore,
La musica, la musica!
[ La donne si levano leste a ripiegare lo zendado. ]
Cerca di Simonetto, Biancofiore.

BIANCOFIORE
Sì, Madonna.

FRANCESCA
E voglio una ghirlanda di violette.
Oggi è calen di marzo.

BIANCOFIORE
Voi l'avverete, Madonna, e leggiadra.

FRANCESCA
Andatevi con Dio.
[ Exeunt omnes. Francesca si volge alla schiava che spia ancora il cielo per la finestra. ]
O Smaragdi, non torna?

LA SCHIAVA
Dama, non torna.
Non ti rammaricare.

FRANCESCA
Ah, Smaragdi, che vino mi recasti
Quella sera, alla Torre Mastra, quando
La città era ed arme? Affatturato?

LA SCHIAVA
Dama, che dici?

FRANCESCA
Come se tu recato avessi un beveraggio
Perfido, i! mal s'apprese
Alle vene di quelli che ne bevvero,
E la mia sorte si rincrudeli.

LA SCHIAVA
Calpestami! Calpestami! Tra due
Pietre schiacciami il capo.

FRANCESCA
Su, lévati!
Non hai colpa, mia colpa.
Ah ragione mia, reggi
E non dare la volta!
Chi mi possiede? Un dèmone mi tiene.
Non so pregare, non so più pregare.

LA SCHIAVA
Vuoi che lo chiami?

FRANCESCA
Chi?
L'hai tu veduto montare a cavallo,
Messer Giovanni?

LA SCHIAVA
Sì, dama, col vecchio
E con Messer Malatestino.

FRANCESCA
Io n'ho paura. Guardami da lui!

LA SCHIAVA
Di chi paura hai tu, dama?

FRANCESCA
Paura ho di Malatestino.

LA SCHIAVA
Ti spaventa forse quell'occhio suo cieco?

FRANCESCA
No, l'altro, quello che vede. È terribile.

LA SCHIAVA
Dama, non disperare! Ascolta, ascolta.
Io getterò una sorte su chi ti fa paura.
Conosco il beveraggio che allontana
E dismemora. Tu glie l'offrirai . . .
T'insegnerò l'incanto . . .

[ Irrompono nella stanza le donne, seguite dai musici. Donella porta quattro ghirlandette di narcisi bianchi, sospese a un filo d'oro che insieme le lega. ]

DONELLA
Abbiamo i sonatori
Per la canzone e ballo,
Con cenneamella piffero liuto
Ribecco e monacordo.

[ Eretta fra le cortine, Francesca guarda come trasognata e non sorride nè parla. ]

BIANCOFIORE
Et ecco la ghirlanda di violette.
[ Le offre la ghirlanda, con un atto di grazia. ]
Possa malinconia con ciò passare!

[ Francesca la prende, mentre Altichiara toglie dal deschetto lo specchio e lo fien levato dinanzi al viso di lei che s'inghirlanda. La schiava lentamente scompare dall'uscio. ]

GARSENDA
Oggi è calen di marzo! Il canto vuol
Ballo, e il ballo, vuol canto.
Su, Simonetto, intona!

[ I musici sulla tribuna cominciano un preludio. Donella scioglie il filo d'oro e distribuisce le ghirlande di narcisi alle compagne, che s'inghirlandano: e tiene per sè l'una che porta due alette di rondine, segno d'officio singolare. Biancofiore trae da una reticella quattro rondini di legno dipinto che hanno sotto il petto una specie di manico breve, e ne dà una a ciascuna compagna: la quale, atteggiandosi alla danza, la tiene impugnata e sollevata nella sinistra mano. ]

BIANCOFIORE e GARSENDA
Marzo è guinto e febbraio
Gito se n' è col ghiado.
Or loasceremo il vaio
Per veste di zendado.
E andrem passando a guado
Acque di rii novelli
Tra chinati arboscelli verzicanti,
Con stromenti e con canti in compagnia
Di pesti drudi, o nella prateria
Iscegliendo viole
Ove redole più l'erba, de' nudi
Piedi che al sole v'ebbe Primavera.

ALTICHIARA e DONELLA
Deh creatura allegra,
Conduci, questa danza
In veste bianca e negra
Com' è tua costumanza.
Poi fa qui dimoranza
Nella camera adorna
Ch' è chiara, quando aggiorna e quando annotta
Per l'Istoria d'Isotta fior d'Irlanda,
Che vi si vede; e sieti una ghirlanda
Nido, nè ti rincresca,
Poichè la fresca donna che qui siede
Non è Francesca ma sì . . .

[ Le danzatrici con rapido giro si volgono tutte a Francesca disponendosi in una fila a tenendo l'una mano, che tiene la rondine, e l'altra verso di lei; e cantano insieme l'ultima parola della stanza. ]

TUTTE
Primavera!

[ Al principiare della volta riappare su l'uscio la schiava. Mentre i musici fanno la chiusa, ella si avvicina lestamente alla dama e le sussurra qualcosa che subito la turba ed agita. ]

FRANCESCA
Andate in allegrezza per la corte,
Fino a vespro. Conducili, Donella.
Felice primavera!

[ I musici discendono dal coretto sonando ed escono. Le donne inchiano la dama e van dietro ai suoni, con sussurri, con risa. La schiava rimane. Francesca s'abbandona alla sua ansietà. Dà qualche passo per la stanza, smarritamente. Con un molto subitaneo, va a chiudere le cortine dell'alcova, che sono disgiunte e lasciano intravedere il letto. Poi si accosta al leggio, getta uno sguardo al libro aperto; ma nel volgersi, con un lembo del suo vestimento ella smuove il liuto che cade e geme a terra. Trasale, sgomentata.

No, Smaragdi, no! Va, va corri e digli
Che non venga!
[ S'odono i suoni lontanare. La schiava va verso la porta. Francesca fa un gesto verso di lei come per tratternerla. ]
Smaragdi!
[ La schiava esce. Dopo alcuni attimi, una mano solleva la portiera; e appare Paolo Malatesta. L 'uscio dietro di lui si chiude. ]

[ I due cognati si guardano, nel primo istante, senza trovar parola, entrambi scolorando. Ancora s'odono i suoni lontanare per il palagio. Dalla finestra la camera s'inaura del giorno che declina. ]

FRANCESCA
Benvenuto, signore mio cognato.

PAOLO
Ecco, sono venuto, avendo udito
I suoni, per portarvi il mio saluto,
Il saluto del mio ritorno.

FRANCESCA
Assai presto siete tornato: con la prima
Rondine. Le mie donne
Eran qui che cantavan la ballata
Per Salutare il marzo.

PAOLO
Di voi, Francesca,
Novelle mai non m'ebbi
Laggiù. Nulla più seppi
Di voi, da quella sera perigliosa
Che m'offeriste una coppa di vino
E mi diceste addio
Con la buona ventura.

FRANCESCA
Non m' è nella memoria
Questo, signore. Io ho molto pregato.

PAOLO
Non vi sovviene?

FRANCESCA
Io ho molto pregato.

PAOLO
Io ho molto sofferto.

FRANCESCA
Paolo, datemi pace!
E' dolce cosa vivere obliando,
Almeno un'ora, fuor della tempesta
Che ci affatica.
Non richiamate, prego,
L'ombra del tempo in questa fresca luce
Che alfine mi disseta.
Pace in questo mare
Che tanto era selvaggio
Ieri, et oggi è come la perla. Datemi,
Datemi pace!

PAOLO
Inghirlandata
Di violette m'appariste ieri
A una sosta, in un prato
Dove mi ritrovai
Io solo, dilungandomi gran tratto
Dalla scorta. Appariste
Con le viole; e vi tornò sul labbro
Una parola che da voi fu detta:
Perdonato ti sia con grande amore!

FRANCESCA
Tal parola fu detta,
E la gioia perfetta se n'attende . . .
Ora sedete qui alla finestra.
Sedete qui. Parlatemi di voi.
Come avete vissuto?

PAOLO
Perchè volete voi
Ch'io rinnovi nel cuore la miseria
Tutto ch'altrui piaceva.
Nemica ebbi la luce.
Amica ebbi la notte.
Nata e dal fondo dell'eterna doglia,
Simile alla sorgente che disserta
E simile alla fiamma che riarde,
Freschezza e incendio, lenimento e piaga,
Or torbida ruggente come fiaccola,
Or mite come lampada,
Una visitatrice
Si chinava su me, quasi a nudrirsi
Dell'assidua mia veglia;
E, quando si partiva
Al tremar delle stelle,
Non più fuoco nè fonte
Era, ma il vostro viso . . .

FRANCESCA
Ah, Paolo, Paolo!

PAOLO
Il vostro viso
Mostrava ella nudato al mio dolore.

FRANCESCA
Paolo, se perdonato
Vi fu, perchè vi rilampeggia ancòra
Sotto i cigli la colpa?
Ahi, che già sento all'arido
Fiato sfirorir la primavera nostra!

[ Ella si toglie dal capo la ghirlanda e la pone sul libro aperto ch' è da presso. ]

PAOLO
Ora perchè vi togliete dal capo
La ghirlanda?

FRANCESCA
Ho sentito
Che già non è più fresca!

[ Paolo s'accosta al leggio e si china sul libro. ]

PAOLO
Ah la parola che i miei occhi incontrano!
E Galeotto dice: "Dama, abbiatene
Pietà" "Ne avrò" dice ella "tal petà,
Come vorrete; ma non mi richiede
Di niente . . . " Volete seguitare?

FRANCESCA
Guardate il mare come si fa bianco!

PAOLO
Leggiamo qualche pagina, Francesca!
[ leggendo ] "Certamente, dama" dice
Allor Galeotto, "ei non si ardisce,
Nè vi domanderà mai cosa alcuna
Per amore, perchè teme."
Et essa dice . . .
[ Paolo trae leggermente Francesca per la mano. ]
Ora leggete voi
Quel ch'essa dice. Siate voi Ginevra.
[ Le loro fronti si avvicinano chinadosi sul libro. ]
"Certamente . . ."

FRANCESCA [ leggendo ]
"Certamente, dice essa, io gli prometto;
Ma che egli sia mio et io tutta sua,
E che emendate sien tutte le cose
Mal fatte . . . " Basta, Paolo.

PAOLO
No! No! Leggete ancora. Continuate!

[ I loro volti pallidi sono chini sul libro, così che le guance quasi si sfiroano. ]

FRANCESCA [ seguitando soffacatamente. ]
"E la reina vede il cavaliere
Che non ardisce di fare di più.
Tra le braccia lo serra e lungamente
Lo bacia in bocca . . ."

[ Egli fa quell'atto istesso verso la cognata, e la bacia. Quando le bocche si disgiungono, Francesca vacilla e s'abbandona sui guanciali. ]

TUTTE [ contanissime ]
Primavera!

PAOLO
Francesca!

FRANCESCA [ con la voce spenta. ]
No, Paolo!


Francesca da Rimini Libretto Entered by: Stephen L. Parker
23 July 1996.